C’è stato un tempo, intorno agli Settanta, in cui tra critica e scrittura poetica e narrativa si era instaurata una coabitazione felice; ed era il tempo, per dire, in cui Serge Doubrovsky, mettendo alla prova le categorie del Patto autobiografico di Philippe Lejeune, inventava, con Fils (1977), quel genere sperimentale, poi divenuto celebre anche in Italia, chiamato autofiction. Incontri analoghi, oggi, sono molto più rari, e proprio per ciò vale la pena parlare di Noi, di Alessandro Broggi, che partendo dalle riflessioni della narratologia post-classica sulle cosiddette We narrations ha costruito un libro minuto (di 72 capitoli, tutti brevissimi) ma di grande interesse critico. “Partner in crime” confesso dell'autore è stato in questo caso Filippo Pennacchio, uno dei più brillanti giovani narratologi italiani, che in una acuta recensione a Noi apparsa tempo fa sul blog La balena bianca (https://www.labalenabianca.com/2021/10/11/qualche-idea-intorno-a-noi-di-alessandro-broggi-filippo-pennacchio/) rivelava di avergli passato sottobanco, qualche anno...

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